Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del concorso del professionista nell’illecito tributario commesso dal proprio cliente.

In particolare, con la sentenza del 18.11.2021 n. 156, la Suprema Corte ha ritenuto responsabile a titolo di concorso per i reati di cui al D.lgs. n. 74 del 2000, art. 2, il commercialista che, agevolando consapevolmente la condotta criminosa del suo cliente, teneva la contabilità dello stesso (curando la registrazione di fatture, effettuando dichiarazione dei redditi e bilanci) e non si era attivato per segnalare agli organi competenti le numerose anomalie contabili riscontrate.

Infatti, la norma di cui all’art. 110 c.p. recita che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita”. La giurisprudenza costante della Corte di Cassazione penale osserva che il commercialista di una società può concorrere in questo tipo di reati dichiarativi agendo a titolo di dolo eventuale, vale a dire non rinunciando all’azione e ai conseguenti vantaggi, accettando il verificarsi di un illecito penale.

L’esperto contabile aveva consapevolmente consentito di indicare nelle dichiarazioni annuali relative alle imposte di due diverse società numerosi elementi passivi fittizi, avvalendosi di documenti relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, per un importo complessivo di oltre 10 milioni di euro; inoltre, lo stesso era a conoscenza di varie anomalie concernenti la contabilità della società, in quanto gli erano state più volte segnalate da una sua dipendente che curava la registrazione delle stesse fatture.

La Suprema Corte chiarisce che, al fine del contributo causale del commercialista, è sufficiente che “la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato poiché in forza del rapporto associativo diventano sue anche le condotte degli altri concorrenti”.

Con riguardo, invece, al profilo della colpevolezza, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile “nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA”. In questo caso, la Corte di Cassazione ha riscontrato il dolo eventuale sia nel numero complessivo e importo delle fatture, sia nella non occasionalità dei fatti, oltre che nelle eccessive movimentazioni di contanti effettuate.

Pertanto, il professionista risponderà di concorso nei reati di cui al D.lgs. n. 74 del 2000, art. 2, ogni qualvolta porrà in essere l’azione di predisporre o inoltrare dichiarazioni fiscali, pur sapendo (o quantomeno sospettando) di avere a che fare con anomalie contabili o falsità dei documenti.

commento a cura della dott.ssa Sofia Tomasi