Recentemente la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del concorso del professionista nell’illecito tributario commesso dal proprio cliente.

Con la sentenza del 14.09.2021 n. 538, pubblicata in data 12.01.2022, la Suprema Corte ha ritenuto responsabile a titolo di concorso per il reato di bancarotta per distrazione (art. 216 Legge Fallimentare) il commercialista che percepisce somme significative dalla società successivamente fallita per servizi che, seppur supportati da contratti, attengono ad attività generiche e remunerate con compensi ritenuti al di fuori di ogni ragionevolezza imprenditoriale.

L’art. 216 L. fall. prevede che “È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che: 1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti [..]”.

Nel caso di specie, la Guardia di Finanza aveva condotto delle indagini in merito alle vicende fallimentari di una società, concludendo che non si era trattato di un ordinario caso di fallimento, ma di un meccanismo fraudolento in forza del quale alcuni indagati ricevevano risorse economiche dal Comune di Reggio Calabria e le veicolavano verso una determinata società, la quale dirottava le medesime risorse a beneficio di soggetti privati, inclusi alcuni professionisti che avevano stipulato contratti di consulenza; tra questi ultimi vi era il commercialista in questione, il quale aveva percepito il complessivo importo di euro 954.785,00 in dipendenza di un contratto d’opera professionale.

Il commercialista, partecipando da estraneo beneficiario alla distrazione, in relazione alla sua sfera di competenza e, al contempo, alla sua concreta conoscenza della situazione finanziaria della società, è stato considerato consapevole dell’effetto determinato dal progressivo dirottamento di quelle risorse al di fuori delle casse sociali, in termini di concreto pregiudizio alla garanzia creditoria.

Infine, con riferimento al profilo del concorso e dell’elemento soggettivo, i giudici si sono attenuti motivatamente ad un principio di diritto consolidato, in virtù del quale “nell’ambito della verifica del concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società”.

Pertanto, il professionista risponderà di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione per essere stato remunerato con compensi irragionevoli dalla società fallita, anche se supportati da contratti.

commento a cura della dott.ssa Sofia Tomasi