Un’impresa di installazione e di fornitura di prodotti termici aveva installato presso un condominio una caldaia generatrice di calore e, a seguito di interventi e lavori effettuati sulla stessa, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro il condominio stesso e uno dei condomini per il mancato pagamento. A seguito del giudizio di opposizione, il Tribunale di Milano revocava il decreto ingiuntivo accertando sì un credito nei confronti del condominio, ma altresì un controcredito di quest’ultimo per il risarcimento dei danni subiti.

Infatti, nel caso di specie, il Tribunale di Milano, sulla scorta di una relazione di accertamento tecnico  preventivo, aveva ritenuto responsabile l’impresa stessa per i danni derivati da una “erronea scelta del posizionamento del bruciatore, che ha determinato il surriscaldamento della piastra e l’accumulo di formazioni di calcare in corrispondenza della piastra, da cui poi è derivato il verificarsi delle successive perdite e degli interventi di saldatura sopra indicati”, liquidando questi danni nel 50% del costo di sostituzione della caldaia e di un intervento manutentivo effettuato successivamente.

Dopo la sentenza di primo grado, l’impresa in questione proponeva appello, ma la Corte d’Appello di Milano riformava la sentenza a suo sfavore, pronunciandosi sul sovraconsumo del carburante e rilevando in particolare che “una volta accertato il maggior consumo (come fece in modo specifico il consulente nominato per l’accertamento tecnico preventivo) ne deriva logicamente un perenne incremento percentuale sulla base normale di consumi, quale essa sia”.

Quindi, oltre alla condanna al risarcimento per il 50% delle spese sostenute dal condominio per la sostituzione della caldaia e il successivo intervento manutentivo, la Corte d’Appello di Milano addebitava all’impresa anche il sovraconsumo di carburante cagionato dall’erronea installazione della caldaia.

L’impresa di installazione e di fornitura di prodotti termici proponeva ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte, oltre a ritenere infondati e rigettare tutti i motivi dedotti dall’impresa, condannava la stessa al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater DPR N. 115/2002, che recita: “quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. 

Un aspetto interessante è dato dal fatto che la Corte di Cassazione ha condiviso la sentenza di appello sul punto in cui venivano addebitati all’impresa i maggiori consumi di carburante, in quanto “la Corte territoriale si era semplicemente attenuta alle conclusioni del consulente tecnico, secondo cui il malfunzionamento della caldaia aumentava il consumo del 5-6%”. Inoltre, nella recentissima sentenza di cui si tratta, è stato specificato che nel caso di specie viene correttamente applicato l’art. 1218 c.c. (responsabilità del debitore) e che il riferimento al costo di sostituzione della caldaia costituisce “una mera modalità di liquidazione del danno derivato dall’inadempimento contrattuale ascritto all’impresa” (Cass. civ. n. 19025/2022).

commento a cura della dott.ssa Sofia Tomasi