Il conducente che, alla guida della propria autovettura, sia consapevole del suo stato di soggetto affetto da disturbi neurologici e, a causa della perdita d coscienza data da un improvviso attacco epilettico, perda il controllo dell’auto, provocando la morte di due pedoni, risponde di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p.

Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione penale, sez. IV, con la sentenza n. 28453 del 25.05.2022, che ha dichiarato la responsabilità del conducente in questione, muovendo da due presupposti: il primo, indicato dall’art. 115 del Codice della Strada, il quale richiede che chi guida debba essere “idoneo, per requisiti fisici e psichici, al momento in cui si pone alla guida”; il secondo, stabilito dalla Direttiva Europea n. 112/09 al punto 12, dove si specifica che un soggetto può essere autorizzato alla guida “dopo un periodo, documentato e certificato da parte dello specialista neutologo, di un anno senza ulteriori crisi epilettiche”.

Per quanto riguarda il primo presupposto, la Suprema Corte non ha avuto dubbi nel confermare le decisioni dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto che “l’imputato avesse piena cognizione che la patologia da cui era affetto comportasse episodi di perdita di coscienza e che lo rendesse inidoneo alla guida, escludendo che l’evento verificatosi fosse del tutto straordinario e imprevedibile per l’agente”.

Con riguardo al secondo presupposto, i giudici hanno evidenziato che il conducente soffriva di epilessia da oltre dieci anni ed era sottoposto ad una terapia farmacologica, nonostante la sua malattia fosse farmaco-resistente e, per tale motivo, la possibilità di incorrere in crisi non fosse annullata dall’assunzione di farmaci, tanto che lo stesso era già stato colpito da crisi in forma leggera durante la guida.

In queste circostanze si configura un’ipotesi di colpa cosciente, che ricorre quando il soggetto agente non ha voluto l’evento che si è verificato, ma lo ha previsto come possibile conseguenza della sua condotta, con sicura fiducia che non si sarebbe verificato.

L’orientamento della Corte di legittimità è costante nel ritenere che “l’improvviso malore, per configurare assenza di colpa, presuppone l’imprevedibilità dell’evento da cui derivi la perdita di coscienza e la conseguente ingovernabilità della condotta; altrimenti, se il malore non costituisce una accidentalità non conoscibile e non eliminabile con l’uso della comune prudenza e diligenza, in quanto riconducibile a patologia nota all’agente, per avere questi in precedenza già subito episodi di assenza di coscienza, non è possibile invocare l’assenza di colpa nel porsi alla guida di un autoveicolo” (Cass. pen. n. 11638/1999; Cass. pen. n. 1114/2015).

Allo stesso modo, la Corte di Cassazione si era già pronunciata in casi simili, tra cui la responsabilità del conducente per incidente dovuto a un colpo di sonno, determinato dalla stanchezza, o, ancora, il conducente colpito da una crisi ipoglicemica dovuta al diabete, verificatasi nelle ore in cui era più alto il rischio. 

Di conseguenza, per non ricadere nelle responsabilità dell’evento, occorre che lo stato di incoscienza sia del tutto imprevedibile e che la crisi o il rischio siano sconosciuti o non conoscibili dal conducente, in quanto il malore o il colpo di sonno, per giurisprudenza maggioritaria, non costituiscono caso fortuito.

commento a cura della dott.ssa Sofia Tomasi